Il Trichoderma (fungicida biologico), i benefici in agricoltura

Che cos’è il Trichoderma, la descrizione morfologica

Nel suolo risiedono un numero considerevole di microrganismi, tra cui, molte specie, la cui attività e presenza genera un vantaggio sotto diversi aspetti alle piante. Tra questi svolgono un ruolo di primaria importanza le specie fungine appartenenti al genere Trichoderma. Moltissimi studi hanno messo in evidenza le eccellenti qualità di biocontrollo da parte delle specie di miceti e sono ormai più di 50 i formulati commerciali a base quest’ultimi reperibili sul mercato mondiale. Tra i più importati formulati commerciali vestono particolare importanza in agricoltura quelli a base di Trichoderma harzianum e Trichoderma viride.

Le specie di Trichoderma presentano un micelio che va dal verde intenso al verde molto chiaro ed un aspetto fioccoso. Questo genere sporifica molto e i conidiofori sono prodotti in abbondanza su tutto il micelio. Questi sono formati da un asse centrale con ramificazioni laterali che danno origine ad una caratteristica struttura a piramide (vedi figura 1). Le cellule conidiogene sono fialidi che assumono la forma cilindrica, subglobosa o più spesso ampolliforme, questa caratteristica è un carattere tassonomico. I conidi unicellulari, verdi e con parete liscia o rugosa hanno forma ellissoidale, allungata o raramente globosa, con dimensioni di circa 3-5 μm, liberi o riuniti in ammassi gelatinosi.
Questi funghi sviluppano strutture di quiescenza quali clamidiospore, presenti nelle ife in posizione intercalare o terminale; unicellulari o pluricellulari con forma variabile e colore dal verde al giallo.

Figura 1 – Foto al microscopio di Trichoderma harzianum. Si notino i conidioforidi di forma ampolliforme terminanti in punta con un conidio

Come agisce e le sue modalità d’azione in agricoltura

L’attività di biocontrollo nei confronti dei patogeni delle piante in agricoltura è conosciuta fin dagli anni ’20 e si esplica con diversi meccanismi, i quali agiscono simultaneamente nel determinare la capacità antagonistica dei Trichoderma. Tra questi, il micoparassitismo rappresenta l’azione fisica e diretta esercitata sulle strutture dei patogeni tramite l’ausilio di particolari ife dette appressori. Il Trichoderma attratto dal chemiotropismo fa crescere le proprie ife verso il patogeno e una volta raggiunto lo avvolge con le sue strutture di crescita, alcune delle quali deputate alla penetrazione grazie anche alla secrezione di enzimi litici. Una volta penetrata la parete cellulare del fungo bersaglio la fase finale consiste nel digerire il contenuto cellulare e tale azione determina la morte del fungo patogenoo.
Anche nei Trichoderma come in molti altri funghi è stata riscontrata una azione di biocontrollo definita come antibiosi. Questo meccanismo si esplica tramite la produzione da parte dell’antagonista di composti in grado di inibire l’accrescimento e lo sviluppo di microrganismi patogeni che svolgono attività letale solo quando penetrano e si accumulano nelle cellule.
Questi prodotti del metabolismo secondario possono essere volatili e quindi diffondersi attraverso la fase gassosa del suolo o non volatili, quindi venire assorbiti e localizzati nelle particelle di suolo colonizzate dal fungo che le ha prodotte. Tra i composti identificati dalla ricerca ricordiamo la gliotossina, la trichodermina, la gliovirina e le trichozianine, che esercitano una azione di controllo su diversi funghi e batteri.
La competizione dei Trichoderma è svolta anche attraverso la competizione di spazio e nutrienti che vengono di fatto sottratti a possibili patogeni, riducendone così la pericolosità e il potenziale di inoculo. Tale efficacia deriva dal fatto che il Trichoderma essendo un saprofita colonizza rapidamente un substrato più di quanto possano fare molti patogeni. L’azione è poi agevolata dal fatto che in queste condizioni la competizione per elementi quali carbonio, azoto e ferro, favorisce appunto microrganismi a più rapida crescita (vedi figura 2)
In ultimo è da menzionare il meccanismo definito induzione di resistenza. Recenti studi hanno dimostrato che funghi appartenenti al genere Trichoderma sono in grado di indurre nelle piante una resistenza sistemica e/o localizzata nei confronti di molti patogeni di origine tellurica attraverso l’attivazione della via metabolica del segnale dell’acido jasmonico. Il Trichoderma può colonizzare la rizosfera della pianta ospite e in tal caso il Trichoderma produce molecole in grado di elicitare (stimolare) risposte di difesa come omologhi di geni di avirulenza (Avr) e proteine enzimatiche e non. La pianta produce come risposta depositi scuri e fattori biochimici che limitano lo sviluppo ulteriore del fungo che può quindi definirsi un “patogeno mancato”. In parole più semplici il Trichoderma è come se ingannasse la pianta passando per un fungo patogeno (ma di fatto non lo è) e per tutta risposta la pianta si prepara al contrattacco azionando le sue difese. l’eventuale patogeno trova quindi una pianta più “resistente” ed inoltre il suo sviluppo è fortemente limitato dalla produzione da parte del Trichoderma di sostanza antibiotiche e litiche nonché da fenomeni di iperparassitismo. L’interazione Trichoderma-pianta si traduce inoltre in un maggiore sviluppo vegetativo e in un incremento delle capacità produttive. Per questi motivi il trichoderma è venduto come fungicida biologico da molte aziende di agrofarmaci.

Tra gli usi più comuni, il Trichoderma è utilizzato come fungicida preventivo nei confronti delle tracheomicosi (Fusarium spp. e Verticullium spp.) nel controllo della sclerotinia (vedi qui scheda tecnica), del mal del piede dei cerali (vedi qui scheda tecnica) e moria delle piantine causata da Pythium (vedi qui)

Figura 2 – Tricoderma ganense in piastra Petri in confronto duale con due patogeni. A sinistra il Trichoderma ha completamente sopraffatto una colonia di Verticillium dahliae, a destra ha completamente circondato e bloccato la crescita di Pyrenochaeta lycopersici.

Come si usa correttamente il Trichoderma e che prodotti utilizzare

Da menzionare che l’uso del trichoderma assieme alle micorrize (vedi qui scheda tecnica) è ormai di uso comune tra gli agricoltori professionali, l’uso degli inoculi fungini per la prevenzione delle malattie è pratica ormai ampiamente applicata in campo professionale. In commercio si trovano moltissimi formulati commerciali di Trichoderma ognuno dei quali si differenzia sostanzialmente per due fattori: la specie e il ceppo. Attualmente in agricoltura, le specie più utilizzate come fungicida biologico sono il Trichoderma harzianum, il Trichoderma viride, il Trichoderma asperellum e il Trichoderma gamsii. Per quanto riguarda i ceppi, di questi ne esistono moltissimi e il più delle volte è una scelta commerciale delle singole aziende, le quali hanno selezionato per il proprio mercato uno o più ceppi selezionati. In agricoltura il Trichoderma come fungicida biologico si trova in commercio in differenti formulazioni che sono: liquidi, polveri bagnabili o solidi in forma granulare o pelletato (vedi figura 3). Questi prodotti vengono additivati con materiale inerte, disperdente o sostanza organica. I prodotti liquidi e polveri bagnabili sono destinati ad essere distribuiti con la barra irroratrice per trattamenti pre-semina e meno frequente in copertura. Le polveri bagnabili possono anche essere utilizzare per la concia delle sementi e dei bulbi. I prodotti in forma granulare o pellettati devono essere distribuiti con lo spandi concime o con attrezzi idonei allo spargimento. Inoltre con quest’ultimi c’è la possibilità di utilizzarli durante la messa a dimora delle piante, spargendoli direttamente nella buca di trapianto. I prodotti liquidi e polveri bagnabili possono essere inoltre distribuiti attraverso il sistema di irrigazione localizzato, sia su ortive che su frutteti. Un concetto fondamentale da tenere a mente è che il Trichoderma come fungicida biologico si avvantaggia della concimazione organica. Questo perché essendo anche un fungo saprofita andrà a crescere e a colonizzare la sostanza organica apportata. Questa azione determina due vantaggi; primo si ha un aumento della quantità di Trichoderma nel tempo dovuto ad uno sviluppo del fungo sulla sostanza organica; secondo si va a creare nella sostanza organica stessa un punto di rifugio per questo fungo. Quindi la buona riuscita di un intervento di inoculo con il Trichoderma prevede la distribuzione in contemporanea di sostanza organica sotto forma di compost, letame, digestato o pellettati organici. In caso di solarizzazione l’uso corretto prevede che il Trichoderma vada distribuito subito dopo la rimozione del film plastico, quindi alla fine dell’intervento. Questo perché tale operazione crea un parziale vuoto biologico in termini di presenza di microrganismi e quindi risulta essere il momento adatto per far insinuare il nostro Trichoderma. Tale concetto vale anche per altri tipi di sterilizzazione del terreno. Che sia biofumigazione, sterilizzazione al vapore o fumigazione chimica, il modo corretto di utilizzo del trichoderma prevede che questo sia introdotto a fine intervento (in caso di fumigazione chimica il Trichoderma va inoculato una volta accertato che l’agente chimico non sia più presente nel terreno).

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Quindi per chiarire facciamo due esempi d’uso corretto dell’inoculo di Trichoderma come fungicida biologico; il primo su ortaggi in pieno campo e un secondo su un frutteto.

Su ortaggi in pieno campo faremo seguire in fase di lavorazione principale la distribuzione di sostanza organica, per esempio come una pollina (vedi qui). Prima della lavorazione di affinamento del terreno faremo eseguire una distribuzione di Trichoderma (es Trichoderma harzianum) in forma granulare o pellettata (con lo spandi concime) o in alternativa una formulazione in polvere bagnabile o liquida distribuita con la barra per i trattamenti. Dopo la semina o il trapianto eseguiremo un secondo intervento di richiamo attraverso l’impianto di irrigazione localizzata. E’ possibile anche effettuare il secondo intervento di richiamo con l’utilizzo della barra per i trattamenti (formulazione liquida o polvere bagnabile), avendo cura di far seguire subito dopo una leggera irrigazione per aspersione per far penetrare il prodotto nel terreno. Fai attenzione ai filtri sia per l’impianto di irrigazione che per la barra dei trattamenti al fine di evitare di intasarli con le formulazioni bagnabili, specie se i filtri sono molto fini. Sulla barra è buona norma utilizzare ugelli a specchio.

Per la messa a dimora di un frutteto in fase di lavorazione principale faremo eseguire la distribuzione di sostanza organica. Prima della messa a dimora delle piante, direttamente in buca di trapianto faremo eseguire la distribuzione di Trichoderma in forma granulare o pellettata (come questo) distribuito a mano o con l’ausilio di uno spandi concime localizzato. E’ possibile anche l’utilizzo delle formulazioni in polvere bagnabile o liquide disciolte in acqua in grandi vasche in cui vengono posti in ammollo gli apparati radicali delle piante poco prima del trapianto (tale utilizzo deve essere ammesso nella scheda tecnica del prodotto). Il secondo intervento di richiamo viene effettuato dopo il trapianto ed avviene o con formulazioni in polveri bagnabili o liquide distribuite con l’impianto di irrigazione o con le formulazioni granulari e/o pellettate distribuite sotto fila ed accompagnate da una leggera lavorazione superficiale atta ad incorporare il prodotto con il terreno.

Tali indicazioni sono linee guida generali, nulla vieta di eseguire un terzo o più intervento di richiamo. Ad ogni modo il la migliore distribuzione del Trichoderma come fungicida biologico è quella prescritta sulla scheda tecnica del prodotto commerciale.

Figura 3 – mostra lo spargimento di un prodotto granulare contenente un mix di batteri della rizosfera e Trichoderma sotto forma di micro-granuli nella coltivazione dello zafferano. Questo fungicida biologico è molto importante nelle specie vegetali suscettibili di marciumi radicali.
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